mercoledì 1 giugno 2011

The giver: il mondo distopico di Jonas

Finito il libro mi sono chiesto da dove partire per un eventuale articolo per questo blog. The giver, il donatore, di Lois Lowry, è un romanzo ricco di complessità, la prima delle quali presuppone la conoscenza del concetto di distopia che, almeno nei romanzi per ragazzi, non è usuale. Anzi è rara, come la stessa Beatrice Masini, autrice del romanzo distopico Bambini nel bosco ha voluto sottolineare in un articolo per il Sole 24 Ore.
Partiamo quindi dalla definizione di questa parola. La distopia è un termine che nasce come opposto a utopia, il mondo perfetto ipotizzato da Thomas More nell'omonimo libro. Il mondo distopico è tutt'altro che piacevole: è invivibile, fortemente regolamentato e repressivo; un mondo in cui l'individualità viene meno a favore di una collettività sottomessa da un dittatore che, se non  presente come personaggio, lo è per l'evidente imposizione delle sue idee. Se l'utopia è il mondo perfetto e agognato, la distopia è tutto ciò che non vorremmo vivere. È il mondo che ha avuto concretezza storica nei regimi fascisti e comunisti del ventesimo secolo i quali, infatti, hanno alimentato la fantasia di numerosi scrittori, non solo di fantascienza. E non a caso il Grande Fratello  viene spesso raffigurato somigliante ad Adolf Hitler anche se George Orwell, nel 1948,  pensava più al neonato blocco comunista di Joseph Stalin.
La prima lezione che Lois Lowry vuole darci quindi riguarda proprio questa definizione: il mondo di Jonas è fortemente utopico nella perfetta imposizione delle sue regole: non c'è sorpresa, né stupore. Non c'è malattia, guerra o dolore. Il mondo di Jonas, questo è il  titolo con cui questo romanzo fu proposto dalla Mondadori nel 1995, è apparentemente perfetto.
Eppure l'utopia e la distopia sono molto simili perché la creazione di un mondo perfetto implica inevitabilmente la rinuncia di qualcosa di importante. L'Eden è forse stata la prima rappresentazione letteraria di utopia e per essere perfetto, per poterci vivere, l'uomo ha dovuto rinunciare alla conoscenza; nel momento in cui Eva assaggia il frutto dell'albero della conoscenza, offrendolo anche ad Adamo, si ritroverà improvvisamente nuda, imperfetta. Proverà per la prima volta una vergogna che non ha nulla di divino e la proietterà definitivamente nella sfera delle emozioni umane. Eppure è da quel gesto simbolico che viene generata la civiltà, con le sue imperfezioni, le sue ingiustizie e le sue gratificazioni.
La conoscenza per Platone nasce dal ricordo ed è per questo motivo, quindi, che la purificazione (in senso negativo, sia chiaro) del mondo di Jonas, un mondo che tra l'altro non ha neanche un vero nome, parte dalla dimenticanza: nessun cittadino sa di aver dimenticato qualcosa del proprio passato e non conosce l'esistenza di un mondo-altro: non si pone neanche il problema delle sua esistenza. Non sa di non sapere, parafrasando Socrate.
Jonas, almeno fin quando non viene a contatto con il donatore che lo apre all'esperienza delle idee, non pensa che possa esistere un posto in cui le regole non sono così ferree come sembrano, in cui dei gemelli omozigoti possono convivere e basta, in cui le pulsioni sessuali non sono annichilite chimicamente tramite medicinali e in cui i nuclei familiari non hanno la struttura predefinita “padre, madre, figlio e figlia”. La repressione dei ricordi e quindi della conoscenza, nasce da una mancanza di esperienze al di fuori della “caverna” di Jonas o, in senso più ampio da una  mancanza di storicità: non esiste nessuna variazione alla quotidianità quindi non esiste nessun tipo di evoluzione o ricorso storico a cui fare riferimento.

Tutto questo, quindi, è il fondamento che regola la società falsamente utopica di Jonas. Società che si può invece definire invece fortemente distopica anche se, come fa notare Tommaso Pincio nell'introduzione al romanzo, non c'è un dittatore, un Grande Fratello che impone regole di convivenza, ma queste sono auto-imposte dalla stessa comunità.
I sentimenti e gli istinti sono repressi. Ogni mattina il nucleo familiare si riunisce e ogni membro racconta i propri sogni violando quel poco di intimità offerta dall'inconscio. I cittadini di questo mondo non hanno una chiara definizione di cosa sia l'inconscio, intuiscono però che nei sogni sono nascosti i turbamenti personali, i semi di una trasgressione che, ovviamente, va repressa sul nascere. Così, quando in un sogno Jonas prova la prima pulsione sessuale, i suoi genitori gli impongono la somministrazione di una pillola che ne reprime lo sviluppo: perché in questa società non deve esistere nessuna forma di sessualità, soprattutto se finalizzata al solo piacere. Infatti soltanto alcune donne sono autorizzate a procreare (soltanto tre figli però), e il loro non è neanche un lavoro  socialmente apprezzato.
Da bambini ci si occupa di esaltare l'uniformità di pensiero e comportamento. Tutti i bambini sono classificati in base all'età: i “Nove” hanno nove anni, i “Dieci” ne hanno dieci, e così via. Tutto questo fino ai dodici, proprio alla soglia della pubertà. La cerimonia dei dodici anni è uno strano rito di iniziazione che per la prima volta distingue i bambini.

"È tempo" disse [Il Sommo Anziano] fissandoli uno a uno negli occhi "di riconoscere le differenze. Voi Undici avete finora imparato ad adeguarvi, a uniformare il vostro comportamento, a frenare ogni impulso che potesse differenziarvi dal gruppo. Ma oggi noi rendiamo onore alle vostre diversità, poiché esse hanno determinato il vostro futuro".
(attenzione, rischio spoiler)
La differenza sostanziale è che dopo i dodici anni non esiste più il concetto di età: si è adulti e basta. Nella cerimonia di iniziazione ad ogni Undici (undicenne) viene assegnato un lavoro in base alle proprie capacità. In linea di massima è un lavoro adatto alla persona, almeno apparentemente, e questa è la prima vera cosa che differenzierà gli individui e che mai potrà essere modificata: non è previsto un cambio di professione, si deve accettare lo status imposto. L'individuo può operare una sola scelta: il congedo. Altra questione che andrebbe sviscerata, soprattutto dal punto di vista psicoanalitico, è proprio questo. Il congedo in realtà è la morte. Le persone non muoiono, si congedano. Non esiste una vera e propria elaborazione del lutto. Andare Altrove è un normale avanzamento dell'esistenza umana, sia che riguardi  un vecchio in fin di vita, sia che riguardi un bambino nato con qualche problema (problemi dal nostro punto di vista assolutamente risolvibili, se non addirittura inesistenti. Ad esempio se nascono due gemelli omozigoti uno dei due deve essere “congedato” perché in quella società è inconcepibile che ci siano due persone con lo stesso corredo genetico).

A Jonas verrà assegnato un lavoro particolare: egli è il prescelto e ha il compito di sostituire il vecchio Accoglitore di Memorie. Il suo è un lavoro atipico, anzi unico, e quindi molto importante: l'Accoglitore di Memorie racchiude in sé tutte le memorie delle civiltà passate: il ricordo di ogni percezione sensoriale, il freddo e il caldo (in quella terra non esistono queste sensazioni), il dolore fisico (il quale, quando capita, viene immediatamente bloccato tramite appositi medicinali); la memoria della  felicità familiare, di una famiglia che canta vicino a un albero di natale addobbato, la sensazione della neve sulla pelle. Addirittura i colori sono stati cancellati. Ciò che vedono non sono altro che le ombre proiettate all'interno della caverna (torno non a caso a parlare di Platone).
Tutto questo viene negato perché, appunto, avviene al di fuori dell'uniformità a cui questa società si è dedicata. Per evitare il dolore, i suoi cittadini hanno rinunciato alla gioia e a ogni tipo di istinto. È questo quello che intendevo dire prima: per evitare la sofferenza si è scelto di vivere in uno stato di atarassia, di apatia emozionale.
Quando Jonas riceve per la prima volta queste emozioni/sensazioni/ricordi dall'anziano Accoglitore di Memorie, si rende conto che c'è molto di più di quello che conosceva: un intero mondo colorato fatto di gioie sconosciute ma anche di dolore. Il ragazzo si accorge che suo padre, un puericultore, proprio quella mattina ha dovuto “congedare” un neonato reo di essere un gemello omozigote.
Jonas capisce quindi che questa regola è stupida e che suo padre quindi ha ucciso un neonato senza  motivo.
Non è un caso che questo “risveglio” avvenga alle soglie della pubertà. Jonas poco prima della cerimonia di iniziazione ha le sue prime pulsioni sessuali: innocui e maldestri sogni nei confronti di una coetanea. Dopo aver confessato questi sogni alla famiglia, un obbligo da mantenere così come è obbligato a dire sempre la verità ed esprimersi con i termini corretti, è stato costretto ad assumere delle pillole inibenti.
La pubertà quindi coincide con il risveglio di Jonas, con la fuga dalla “caverna” in cui era inconsapevolmente incatenato e la conseguente messa in discussione dei propri genitori e del conformismo-uniformità in cui era vissuto. In realtà poi non si sa come questa fuga finirà, non si sa se avrà un lieto fine, ma non è importante, ciò che conta è la volontà di averla attuata: il solo averla pensata è  il primo mattone tolto dal muro della distopia.

1 commento:

Magenta ha detto...

Insomma pare che il film alla fine lo vogliano fare davvero:
http://cinema.ilsole24ore.com/film-brevi/2011-06-28/donatore-speciale-jeff-00019237.php