giovedì 30 giugno 2011

Crisi editoriali!

Una brutta notizia, e una mezza brutta notizia.
La brutta notizia è che la Asengard, una piccola e fiera casa editrice di romanzi di genere, chiude i battenti. Tra i suoi pubblicati ci sono Riccardo Coltri (Zeferina) e Francesco Falconi (Prodigium).

http://www.booksblog.it/post/7758/asengard-la-piccola-e-coraggiosa-casa-editrice-del-fantastico-chiude

E proprio dal blog di Francesco Falconi apprendo una notizia a dir poco smascellante: la Armando Curcio Editore è diventata una casa editrice a pagamento. Se fosse il primo aprile direi che sì, è uno scherzo simpatico e anche abbastanza originale: chi può pensare che una casa editrice così gloriosa possa chiedere soldi a un esordiente?
Invece, a quanto pare, questo è successo e la testimonianza è stata raccolta sul forum del Writer's Dream che da sempre combatte questo brutto vizio di voler pagare per vedere il proprio nome stampato su un dannato libriccino. Ma se il nome di questa casa editrice è Armando Curcio Editore, storica, gloriosa e importante nel nostro panorama culturale, cosa penseranno gli esordienti?
Secondo voi ci sarà un effetto a valanga? Mi spiego: anche altre importanti case editrice modificheranno il loro business facendo pagare gli esordienti? E quanto vale pubblicare in questo modo?
Non so cosa cambierà in futuro. Da lettore spero almeno di poter distinguere chi ha pagato per essere pubblicato e chi no. Credo che sia un diritto del lettore, almeno questo.
Ritengo assolutamente necessaria, a questo punto, una legge che permetta di distinguere "l'autore a pagamento" dai restanti. Non penso di esagerare. Per un lettore vorace come me è lo stesso discorso che vale per le etichette degli alimenti: serve quindi una tracciabilità che indichi la provenienza del manoscritto: deve esserci scritto "pubblicato a pagamento".
Stabilite queste semplici regole di consumo ritengo che la Curcio, così come ogni altra casa editrice possa gestire la propria azienda come vuole in tempo di crisi. Gli esordienti e aspiranti tali sono assolutamente legittimati a spendere soldi per pubblicare. Certo, chi ha senno lo sconsiglia vivamente e io sono tra quelli che dice con chiarezza "non pagate per pubblicare", ma la libertà di scelta c'è e finché rientra nei parametri costituzionali e legali non possiamo farci niente.

Dal blog di Falconi:
http://www.francescofalconi.it/2011/06/mi-vergogno/

PS: Notizia smentita dalla Curcio il 1 luglio.
Fonte FM.

martedì 28 giugno 2011

Dell'incipit folgorante, ovvero: "Una mattina dalle parti di Lecco"

Sono un nemico degli incipit forti. Sono tra coloro che pensano che sia ridicolo giudicare un romanzo dalla prima frase o dalle prime righe.
La rete non è scevra di nefandezze pseudointellettuali e una di queste è proprio questa assidua, asfissiante e ridicola campagna a favore dell'incipit forte, della frase che fa cadere dalla sedia (elettrica secondo molti esordienti) intere legioni di editor e lettori dediti alla scelta dei manoscritti da pubblicare.
Non è raro, quindi, che quando leggo un nuovo romanzo o racconto mi accorgo di chi sia figlio di questa strana concezione della narrativa: giudicare un romanzo dalla prima fase è come tentare di imbastire il profilo psicologico di una persona in base alla fisionomia; sarebbe come giudicare una persona dall'abito o soltanto a pelle: quella persona mi è antipatica... punto; e poi ha un naso così storto, gli occhi tronfi; una mascella volitiva che a mio parere indica sopraffazione ed egoismo.
Sempre più spesso leggo sia in rete che su carta incipit folgoranti, frasi ad effetto, improbabili metafore che, secondo certe teorie, dovrebbero portare il lettore direttamente al centro della narrazione e dovrebbero far saltar dalla sedia l'editor di turno (neanche fosse un ordigno esplosivo, come vorrebbero alcuni).
Dopo l'incredibile incipit... il nulla. Un'accozzaglia di frasi inutili e sgrammaticate, svogliate, pigre e raffazzonate. Credo di aver finito gli aggettivi altrimenti avrei continuato. Il manoscritto diventa una maratona che lo scrittore (esordiente e non (ohibò)) tenta di correre con i tempi dei cento metri piani.
Stiamo rischiando di avere una generazione di scrittori,la prossima, che scriverà incredibili incipit seguiti da un nulla culturale e grammaticale che imbarazzerebbe chiunque; scrittori che pensano che l'incipit sia metà del  lavoro, che basti quello per avere una pubblicazione assicurata. Chi scrive deve guardare il tutto, non soltanto il particolare; non certamente l'incipit. Così come l'editor che giudica un libro dalla prima frase forse non è l'editor a cui nessuno vorrebbe affidare il proprio manoscritto.
Cito la frase che mi ha fatto venir voglia di scrivere questo post. E' tratta dal numero 56 di Leggere tutti in cui c'è un lungo dossier per esordienti. Parla Chiara Valerio, consulente editor di Nottetempo.

La mia regola base nell'affrontare un testo è guardarne solo il titolo. Nome ed età dell'autore non devono condizionarmi. La seconda è leggerlo tutto senza cercare folgorazioni nelle prime dieci righe.


E cito anche Umberto Eco che in Diario minimo fa parlare il lettore di una casa editrice che con occhio moderno cestina ineluttabilmente i Promessi sposi di Manzoni
Basti aprire la prima pagina e vedere quanto l'autore ci mette a entrare nel vivo delle cose, con una descrizione paesaggistica dalla sintassi irta e labirintica, tale che non si riesce a capire di che parli mentre sarebbe stato tanto più spiccio dire, che so, "Una mattina, dalle parti di Lecco...". Ma tant'è, non tutti hanno il dono di raccontare, e meno ancora hanno quello di scrivere in buon italiano

sabato 25 giugno 2011

Amore e ginnastica

Amore e ginnastica è un romanzo che Edmondo De Amicis scrisse nel 1892, sei anni dopo aver dato alle stampe quello che è definito da molti il suo capolavoro ed è sicuramente la sua opera più conosciuta: Cuore.
Eppure è un romanzo talmente diverso da Cuore che ti viene anche il dubbio: ma è proprio De Amicis? Lo stesso scrittore giustamente sbeffeggiato da Eco nel Diario Minimo, profondamente ancorato ai valori risorgimentali della patria, Dio e la famiglia? Lo scrittore che ha dato vita a un grande personaggio come Franti e poi l'ha lasciato morire di inedia? Uno scrittore assolutamente incapace, stando almeno alla lettura di Cuore, di un qualunque slancio ironico?
Proprio lui. Con la differenza che De Amicis in questo lungo racconto si prende meno sul serio e tira fuori tutta la sua carica ironica con continue allusioni alla sessualità repressa del protagonista, un ex seminarista che si atteggia più da prete che da impiegato laico, infatti viene chiamato molta malignità Don Celzani, e innumerevoli riferimenti alla carica erotica della bella maestrina di ginnastica, la signorina Pedani.
Tutto il racconto verte sulla contrapposizione di questi due personaggi: il mancato prete, timido, represso, un "uomo qualunque" che si innamora della  affascinante e dinamica Maria Pedani, esuberante nel fisico (a differenza di Don Celzani) e nei modi; una donna intellettualmente pronta a cavalcare, promuovendo la cultura dell'esercizio fisico, i cambiamenti che stavano avvenendo in Italia e in Europa. Una donna moderna quindi, forte e libera, ma non per questo non una donna che si concede facilmente ma che assicura: "Chi mi sposerà ne farà molta di ginnastica!".
E' un amore che in qualche modo rappresenta due aspetti dell'Italia di quegli anni: da una parte ancorata ai vecchi valori, dall'altra profondamente dinamica e in continua evoluzione. La ginnastica e il dinamismo rappresentano i cambiamenti in atto nella Torino in cui è ambientato il racconto, un preludio all'esaltazione del gesto e del movimento, oserei dire.
Scoprirete come finirà leggendolo o almeno ascoltandolo nella bella e ironica interpretazione di Leopoldo Mastelloni per Radio 3. Di questa produzione radiofonica (completa) è assolutamente consigliabile l'introduzione e la postfazione.

Radio Rai. Il terzo anello

Il libro è inoltre scaricabile gratuitamente da Liber Liber:
http://www.liberliber.it/biblioteca/d/de_amicis/index.htm

Per chi invece vuole un'edizione cartacea consiglio quella di Einaudi (9,50 euro).

mercoledì 22 giugno 2011

Il porco, il suino e il maiale

Ecco che il porco arriva in fattoria
Sono nuovo cari compagni!
Si avvicina il maiale, di corsa, arrabbiato!
Cosa urli, vuoi dei pugni?

Qui comando io, dice il maiale
tu sei solo un porco, e ti rido in faccia
Devi ubbidirmi e stare in silenzio
sia che ti vada, sia che non ti piaccia!

Eppure mi assomigli, grugnisce il porco
hai un aspetto così familiare
hai un nome diverso, questo è vero
una cosa però ti voglio raccontare.

Nell'altra fattoria ci viveva un suino
Era grosso e cicciotto, in grande salute.
Tempo dopo, così mi hanno detto,
alcune persone per lui sono venute

Quel suino mi diceva la stessa cosa:
sei stupido e brutto e soltanto un porco
io allora piangevo perché non capivo
mi assomigliava e come lui ero sporco

Di lui alla fine è rimasto ben poco:
zampone, mortadella, salame e salsiccia
e anche tu, dicevano prima,
finirai sui tavoli di una fraschetta di Ariccia

Porco, suino oppure maiale
gira che ti rigira siamo la stessa cosa
cambia il nome ma non cambia la sostanza
chiamalo fiore, o chiamarlo rosa!

domenica 19 giugno 2011

Altro che rivoluzione degli ebook

Non ci voleva Richard Stallman per capirlo e io stesso lo predico da anni: gli ebook sono tutt'altro che una rivoluzione e il contino paragone con l'invenzione della stampa da parte di Gutemberg è a dir poco imbarazzante.
Gli ebook sono ciò che Bradury aveva predetto con Fahrenheit 451: la tecnologia permette di controllare in maniera stretta ciò che altrimenti si sarebbe dovuto controllare con la forza.
Non sono necessari vigili del fuoco che piombano in casa tua per bruciare i tuoi libri, basta un (quasi) innocuo impiegato lontano migliaia di chilometri che premendo un tasto cancella l'ebook dal tuo dispositivo di lettura. E' la stessa identica cosa.

Gli ebook rischiano di diventare uno strumento di controllo molto importante se non viene immediatamente liberato da tutti i vincoli che ne imbalsamano la diffusione. Gli ebook con DRM, controllati, che non si possono prestare o regalare, che possono essere cancellati da un qualsiasi sfigato impiegato di Amazon, non servono a nulla se non ad alimentare le casse di chi li produce. Si viola il principio di diffusione della cultura, si impedisce a chiunque di accedere al sapere. Vengono meno i principi per cui sono nate le biblioteche.

L'unica cosa che possiamo fare, adesso, è boicottare gli ebook con DRM e comprare soltanto quelli liberi da ogni vincolo.

http://www.itespresso.it/richard-stallman-critica-gli-e-book-52535.html

giovedì 16 giugno 2011

Un mare di libri 2011

Puntuale come un orologio svizzero torna il festival dedicato alla letteratura per l'infanzia Un mare di libri. L'iniziativa nata da un'iniziativa della libreria dei ragazzi Viale dei Ciliegi 17 e avallata da Beatrice Masini (editor Rizzoli) che coinvolto la sua casa editrice per questo importante progetto.
Chi ha tempo e ha voglia di libri e di mare, può recarsi dal 17 al 19 giugno a Rimini e partecipare a qualcuno dei numerosi eventi in programma.
Il programma, appunto, è tutto online sul sito ufficiale della manifestazione. Una cosa da rilevare di questo festival è che  non c'è un biglietto unico, ma si paga ogni singola conferenza (tre euro).
In ogni modo di conferenze interessanti ce ne sono molte, a partire dalla prima che si svolgerà venerdì 17 alle 15:00: un incontro con Maria Falcone, sorella del giudice Falcone che insieme allo scrittore Luigi Garlando parleranno del libro Per questo mi chiamo Giovanni (Fabbri Editore) dedicato appunto al magistrato di cui la Rizzoli, sponsor dell'evento, ha realizzato una versione a fumetti nel 2008.
Continuano anche a Rimini le celebrazioni per il centenario della morte di Salgari con la presentazione del libro Chiamatemi Sandokan! illustrato da Fabio Negrin. Con lui, a parlare dello scrittore veronese, ci sarà niente di meno che Antonio Faeti.(venerdì, ore 16:30).
Ci sono poi eventi legati al fantasy con Luca Terenzi e Cecilia Randall, e incontri con scrittori come Lia Levi, Teresa Buongiorno e P.D. Baccalario. Ce n'è per tutti.

http://www.maredilibri.it/index.php

martedì 14 giugno 2011

Pubblicare per bambini

Sono quasi convinto che un buon blog offra molta più potenziale visibilità di una piccola casa editrice. La definisco potenziale perché, in realtà, credo che sia molto difficile capire quante persone dopo aver letto il blog poi scaricano un ebook gratuito. Ed è ancora più complesso capire se una volta scaricato questo ebook viene effettivamente letto.
Quando terminai la stesura e la revisione del racconto per bambini che misi online qualche tempo fa mi sono chiesto: devo provare a pubblicarlo? Poi mi sono risposto che no, forse non è il caso. Il mercato della letteratura per bambini è complicato anche se è tra quelli che non risente della crisi. Il problema è che in questo periodo le case editrici privilegiano i disegnatori, quindi un buon disegnatore ha molte più probabilità di entrare in una casa editrice piuttosto che uno scrittore. Quello tra illustratori e scrittori è un tira e molla continuo.
I libri illustrati hanno la particolarità di mescolare testo e disegno completandosi. I disegni non sono soltanto illustrazioni fini a se stesse, non sono didascaliche, ma fanno parte della storia, aiutano il bambino a completare l'esperienza di lettura (che essendo in età prescolare avviene tramite un adulto), formano una sensibilità all'arte visuale tra le altre cose, quindi è importante che tra testo e disegni ci sia una forte comunione di intenti. Infatti in molti casi il disegnatore e lo scrittore sono la stessa persona.
In età scolare questo cambia e la parola prende il sopravvento, anche se l'illustrazione non è meno importante. In questo caso non sempre è necessaria una particolare intesa tra disegnatore e scrittore. Se non ricordo male in Storia delle mie storie, Bianca Pitzorno ha affermato che non sempre è stata d'accordo sulla resa grafica dei suoi personaggi. Non so se si riferisse a Quentin Blake...
Questa fascia d'età credo che sia un mercato dove è difficile inserirsi perché meno ricco del precedente e meno disposto a mettersi in gioco. E a volte, soprattutto nel settore young adult, troppo vincolato alle mode. Sembra quasi che queste mode, cavalcate come una firebolt di ultima generazione, servano a rimpinguare le casse dove in altri settori queste languono. E immagino che produrre un libro per un bambino in età prescolare costi molto di più, soprattutto perché è importante la stampa delle illustrazioni, la loro resa su carta o su qualsiasi altro supporto l'editore abbia deciso di pubblicare il racconto. Per non parlare poi del corredo multisensoriale che molti di questi libri hanno proprio per avvicinare il bambino al libro come se fosse un gioco e dargli allo stesso tempo un'esperienza di lettura, un'esperienza sociale e pedagogica.

Alcuni piccoli editori hanno espressamente detto che oltre al testo sono necessarie anche le illustrazioni. E qui proprio non so che fare. Non amo le improvvisazioni, non andrei mai su un palco a suonare alla batteria un pezzo dei Genesis se non so neanche prendere in mano le bacchette. Non intendo improvvisarmi disegnatore anche perché sono sicuro non solo di non avere nessun tipo di talento, ma neanche una minima predisposizione. Molti disegnatori bravi si tengono stretta la propria bravura e vogliono essere pagati per illustrare a prescindere dalla pubblicazione.
Il fatto è che è facile valutare la bravura di un illustratore vedendo qualche tavola, disegno o schizzo. E' impossibile allo stesso tempo valutare la bravura di uno scrittore, forse perché di questi improvvisatori dell'arte dello scrivere ce ne sono troppi, e le scelte editoriali (in generale, non riguardo l'infanzia) non educano al riconoscimento di uno scrittore bravo da un dilettante.
Eppure leggendo Roald Dahl mi chiedo come sia possibile scrivere così bene, in maniera semplice, pulita, ironica. Quando leggo e rileggo Matilde, Le streghe o il GGG mi chiedo se un giorno arriverò anch'io a scrivere allo stesso modo. E mi chiedo infine quanti sono quelli che pensano di saper scrivere bene, se non meglio, del gigante inglese.

sabato 11 giugno 2011

Il 15 luglio tutto finisce...

Il miglior personaggio e la migliore
interpretazione della serie
Uscirà il 15 luglio il film  Harry Potter e i doni della morte, parte seconda.

(possibili spoiler)

E' un libro che di difetti ne ha tanti, troppi per essere scritti da una delle migliori scrittrici per ragazzi di oggi. Tant'è che mi sono chiesto più volte, e me lo chiedo anche adesso, se nella mancata morte di Harry non ci siano state pressioni da parte della Warner Bros. Il business è troppo grande e troppo importante. Far morire Harry al termine del settimo libro avrebbe significato sacrificare tanto merchandising e tanto dell'immaginario che la Rowling ci ha donato in questi anni.
Andare a vedere l'ultimo film di Harry Potter segnerà almeno per me la fine di un'epoca, la fine di qualcosa di grandioso che potrò dire di aver vissuto. Non a pieno, perché ho scoperto Harry Potter un po' tardi, però quanto basta per poter gustare quel po' di attesa febbrile che sta nello scoprire come sarebbe andato a finire.
Vi dirò la verità: quando uscì in inglese, nel luglio di qualche anno fa, ero costantemente collegato a un forum in cui dei solerti traduttori stavano buttando giù una veloce versione italiana del libro per chi non aveva intenzione di aspettare gli otto mesi che sarebbero stati necessari alla Salani per portarlo in Italia. Ricordo la tanta carta stampata in fretta e letta in spiaggia, la fatica che stava nel cercar di capirne i passaggi più complicati che i giovani traduttori, tutti fan del maghetto, non avevano capito appieno. Credo che come titolo avessero scelto Harry Potter e le reliquie della morte.
Questi ragazzi dovrò ringraziarli per molto. Poi è ovvio che quando è uscito il libro l'ho riletto daccapo, così come ho riascoltato volentieri i primi due audiolibri prodotti dalla Salani dedicati al maghetto. Mi chiedo: perché nonostante l'incredibile interesse che sta dietro il merchandising di HP la Salani non ha prodotto tutti i sette audiolibri? Interromperlo è stato un trauma.
In Inghilterra l'audiolibro (letto da Stephen Fry, mica cotica) è uscito in contemporanea. Nella descrizione di un video trovato su youtube di questo audiobook leggo: "But most children in Britain know him for these Harry Potter audio books.",
Allora è chiaro che è un problema tutto italiano.
In attesa del film, che purtroppo sarà in 3D, inizierò presto una seconda lunga lettura della saga nella nuova traduzione curata da Stefano Bartezzaghi a cui hanno partecipato tutte le precedenti traduttrici di HP.
A quel punto anche Harry Potter sarà storia.

Gli undici poster del film:
http://www.giratempoweb.net/gw11/2011/06/11-nuovi-poster-harry-potter-e-i-doni-della-morte-parte-2/

mercoledì 8 giugno 2011

Invio manoscritti: altre tre case editrici

Ho aggiunto tre case editrici a quelle in elenco. La prima è la Manni Editori, piccola casa editrice che quest'anno ha piazzato un libro tra i finalisti del 2011 del premio Strega. Ha un catalogo molto ampio e prende in considerazione anche romanzi di genere tra cui noir, letteratura per ragazzi e poesie. La Manni chiede l'invio sia di una versione cartacea del romanzo che elettronica e garantisce una risposta in qualunque caso.

La seconda casa editrice è la Sonzogno, ma qui me la sbrigo con una riga sola: non prende in considerazione manoscritti inviati di propria spontanea volontà. Ciò vuol dire che si affida alle agenzie letterarie o si rivolge direttamente a un autore commissionandogli un libro.

La terza casa editrice è la Nottetempo, anch'essa piccola ma affidabile. Questa casa editrice vuole manoscritti in formato cartaceo da spedire alla loro sede. Non è garantita risposta.

La pagina con i contatti è la seguente:
http://fenicedicarta.blogspot.com/2009/12/contatti-case-editrici.html

domenica 5 giugno 2011

Roald Dahl e i ricorsi storici italiani

E' il 1938 e un giovane Roald Dahl è su una nave che lo sta portando in Etiopia dove lavorerà per tre anni per la Shell. Il viaggio è lungo, ma non noioso. Parte di questo viene descritto nel romanzo autobiografico In solitario. Diario di volo.
Il grande gigante di origine norvegese racconta, in questo romanzo, la sua guerra contro i nazisti in qualità di aviatore (in solitario, cioè senza addestramento né secondo) della RAF.
Questo è un divertente episodio che mi fa pensare ai tanti corsi e ricorsi della storia italiana.




Tratto da In solitario. Diario di volo.
Arnoldo Mondadori Scuola.
Di Roald Dahl.

Nel secondo giorno di navigazione nel Mar Rosso, la Mantola passò rasente a una nave italiana che, come noi, stava andando verso sud. Era a non più di duecento metri e aveva i ponti affollati di donne! Ce ne sarano state almeno duemila su tutta la nave e nemmeno un uomo in vista. Non credevo ai miei occhi.
- Cos'è? - Chiesi a un ufficiale della nostra nave, affacciato accanto a me alla balaustra. - Perché tutte quelle ragazze? -
- Sono per i soldati italiani.
- Che soldati italiani?
- Quelli in Abissinia - mi spiegò. - Mussolini sta cercando di conquistare l'Abissinia e ha mandato laggiù centomila uomini. Adesso spediscono le ragazze per tenere allegri i militari.
- Ma lei mi prende in giro.
- Caricano navi intere - replicò l'ufficiale. - Una ragazza per ogni soldato, due per ogni colonnello e tre per i generali.
- Sia serio - dissi.
- Sono davvero per i soldati - confermò - E' una guerra così schifosa e assurda e tutti i soldati la detestano e sono stufi di massacrare quei disgraziati abissini. Così Mussolini manda migliaia di ragazze per sollevar loro il morale.
Sventolai il braccio alle ragazze sulla nave e circa duemila mi risposero sventolando il braccio. Sembravano molto allegre. Mi chiesi quanto sarebbe durata l'allegria.

mercoledì 1 giugno 2011

The giver: il mondo distopico di Jonas

Finito il libro mi sono chiesto da dove partire per un eventuale articolo per questo blog. The giver, il donatore, di Lois Lowry, è un romanzo ricco di complessità, la prima delle quali presuppone la conoscenza del concetto di distopia che, almeno nei romanzi per ragazzi, non è usuale. Anzi è rara, come la stessa Beatrice Masini, autrice del romanzo distopico Bambini nel bosco ha voluto sottolineare in un articolo per il Sole 24 Ore.
Partiamo quindi dalla definizione di questa parola. La distopia è un termine che nasce come opposto a utopia, il mondo perfetto ipotizzato da Thomas More nell'omonimo libro. Il mondo distopico è tutt'altro che piacevole: è invivibile, fortemente regolamentato e repressivo; un mondo in cui l'individualità viene meno a favore di una collettività sottomessa da un dittatore che, se non  presente come personaggio, lo è per l'evidente imposizione delle sue idee. Se l'utopia è il mondo perfetto e agognato, la distopia è tutto ciò che non vorremmo vivere. È il mondo che ha avuto concretezza storica nei regimi fascisti e comunisti del ventesimo secolo i quali, infatti, hanno alimentato la fantasia di numerosi scrittori, non solo di fantascienza. E non a caso il Grande Fratello  viene spesso raffigurato somigliante ad Adolf Hitler anche se George Orwell, nel 1948,  pensava più al neonato blocco comunista di Joseph Stalin.
La prima lezione che Lois Lowry vuole darci quindi riguarda proprio questa definizione: il mondo di Jonas è fortemente utopico nella perfetta imposizione delle sue regole: non c'è sorpresa, né stupore. Non c'è malattia, guerra o dolore. Il mondo di Jonas, questo è il  titolo con cui questo romanzo fu proposto dalla Mondadori nel 1995, è apparentemente perfetto.
Eppure l'utopia e la distopia sono molto simili perché la creazione di un mondo perfetto implica inevitabilmente la rinuncia di qualcosa di importante. L'Eden è forse stata la prima rappresentazione letteraria di utopia e per essere perfetto, per poterci vivere, l'uomo ha dovuto rinunciare alla conoscenza; nel momento in cui Eva assaggia il frutto dell'albero della conoscenza, offrendolo anche ad Adamo, si ritroverà improvvisamente nuda, imperfetta. Proverà per la prima volta una vergogna che non ha nulla di divino e la proietterà definitivamente nella sfera delle emozioni umane. Eppure è da quel gesto simbolico che viene generata la civiltà, con le sue imperfezioni, le sue ingiustizie e le sue gratificazioni.
La conoscenza per Platone nasce dal ricordo ed è per questo motivo, quindi, che la purificazione (in senso negativo, sia chiaro) del mondo di Jonas, un mondo che tra l'altro non ha neanche un vero nome, parte dalla dimenticanza: nessun cittadino sa di aver dimenticato qualcosa del proprio passato e non conosce l'esistenza di un mondo-altro: non si pone neanche il problema delle sua esistenza. Non sa di non sapere, parafrasando Socrate.
Jonas, almeno fin quando non viene a contatto con il donatore che lo apre all'esperienza delle idee, non pensa che possa esistere un posto in cui le regole non sono così ferree come sembrano, in cui dei gemelli omozigoti possono convivere e basta, in cui le pulsioni sessuali non sono annichilite chimicamente tramite medicinali e in cui i nuclei familiari non hanno la struttura predefinita “padre, madre, figlio e figlia”. La repressione dei ricordi e quindi della conoscenza, nasce da una mancanza di esperienze al di fuori della “caverna” di Jonas o, in senso più ampio da una  mancanza di storicità: non esiste nessuna variazione alla quotidianità quindi non esiste nessun tipo di evoluzione o ricorso storico a cui fare riferimento.

Tutto questo, quindi, è il fondamento che regola la società falsamente utopica di Jonas. Società che si può invece definire invece fortemente distopica anche se, come fa notare Tommaso Pincio nell'introduzione al romanzo, non c'è un dittatore, un Grande Fratello che impone regole di convivenza, ma queste sono auto-imposte dalla stessa comunità.
I sentimenti e gli istinti sono repressi. Ogni mattina il nucleo familiare si riunisce e ogni membro racconta i propri sogni violando quel poco di intimità offerta dall'inconscio. I cittadini di questo mondo non hanno una chiara definizione di cosa sia l'inconscio, intuiscono però che nei sogni sono nascosti i turbamenti personali, i semi di una trasgressione che, ovviamente, va repressa sul nascere. Così, quando in un sogno Jonas prova la prima pulsione sessuale, i suoi genitori gli impongono la somministrazione di una pillola che ne reprime lo sviluppo: perché in questa società non deve esistere nessuna forma di sessualità, soprattutto se finalizzata al solo piacere. Infatti soltanto alcune donne sono autorizzate a procreare (soltanto tre figli però), e il loro non è neanche un lavoro  socialmente apprezzato.
Da bambini ci si occupa di esaltare l'uniformità di pensiero e comportamento. Tutti i bambini sono classificati in base all'età: i “Nove” hanno nove anni, i “Dieci” ne hanno dieci, e così via. Tutto questo fino ai dodici, proprio alla soglia della pubertà. La cerimonia dei dodici anni è uno strano rito di iniziazione che per la prima volta distingue i bambini.

"È tempo" disse [Il Sommo Anziano] fissandoli uno a uno negli occhi "di riconoscere le differenze. Voi Undici avete finora imparato ad adeguarvi, a uniformare il vostro comportamento, a frenare ogni impulso che potesse differenziarvi dal gruppo. Ma oggi noi rendiamo onore alle vostre diversità, poiché esse hanno determinato il vostro futuro".
(attenzione, rischio spoiler)
La differenza sostanziale è che dopo i dodici anni non esiste più il concetto di età: si è adulti e basta. Nella cerimonia di iniziazione ad ogni Undici (undicenne) viene assegnato un lavoro in base alle proprie capacità. In linea di massima è un lavoro adatto alla persona, almeno apparentemente, e questa è la prima vera cosa che differenzierà gli individui e che mai potrà essere modificata: non è previsto un cambio di professione, si deve accettare lo status imposto. L'individuo può operare una sola scelta: il congedo. Altra questione che andrebbe sviscerata, soprattutto dal punto di vista psicoanalitico, è proprio questo. Il congedo in realtà è la morte. Le persone non muoiono, si congedano. Non esiste una vera e propria elaborazione del lutto. Andare Altrove è un normale avanzamento dell'esistenza umana, sia che riguardi  un vecchio in fin di vita, sia che riguardi un bambino nato con qualche problema (problemi dal nostro punto di vista assolutamente risolvibili, se non addirittura inesistenti. Ad esempio se nascono due gemelli omozigoti uno dei due deve essere “congedato” perché in quella società è inconcepibile che ci siano due persone con lo stesso corredo genetico).

A Jonas verrà assegnato un lavoro particolare: egli è il prescelto e ha il compito di sostituire il vecchio Accoglitore di Memorie. Il suo è un lavoro atipico, anzi unico, e quindi molto importante: l'Accoglitore di Memorie racchiude in sé tutte le memorie delle civiltà passate: il ricordo di ogni percezione sensoriale, il freddo e il caldo (in quella terra non esistono queste sensazioni), il dolore fisico (il quale, quando capita, viene immediatamente bloccato tramite appositi medicinali); la memoria della  felicità familiare, di una famiglia che canta vicino a un albero di natale addobbato, la sensazione della neve sulla pelle. Addirittura i colori sono stati cancellati. Ciò che vedono non sono altro che le ombre proiettate all'interno della caverna (torno non a caso a parlare di Platone).
Tutto questo viene negato perché, appunto, avviene al di fuori dell'uniformità a cui questa società si è dedicata. Per evitare il dolore, i suoi cittadini hanno rinunciato alla gioia e a ogni tipo di istinto. È questo quello che intendevo dire prima: per evitare la sofferenza si è scelto di vivere in uno stato di atarassia, di apatia emozionale.
Quando Jonas riceve per la prima volta queste emozioni/sensazioni/ricordi dall'anziano Accoglitore di Memorie, si rende conto che c'è molto di più di quello che conosceva: un intero mondo colorato fatto di gioie sconosciute ma anche di dolore. Il ragazzo si accorge che suo padre, un puericultore, proprio quella mattina ha dovuto “congedare” un neonato reo di essere un gemello omozigote.
Jonas capisce quindi che questa regola è stupida e che suo padre quindi ha ucciso un neonato senza  motivo.
Non è un caso che questo “risveglio” avvenga alle soglie della pubertà. Jonas poco prima della cerimonia di iniziazione ha le sue prime pulsioni sessuali: innocui e maldestri sogni nei confronti di una coetanea. Dopo aver confessato questi sogni alla famiglia, un obbligo da mantenere così come è obbligato a dire sempre la verità ed esprimersi con i termini corretti, è stato costretto ad assumere delle pillole inibenti.
La pubertà quindi coincide con il risveglio di Jonas, con la fuga dalla “caverna” in cui era inconsapevolmente incatenato e la conseguente messa in discussione dei propri genitori e del conformismo-uniformità in cui era vissuto. In realtà poi non si sa come questa fuga finirà, non si sa se avrà un lieto fine, ma non è importante, ciò che conta è la volontà di averla attuata: il solo averla pensata è  il primo mattone tolto dal muro della distopia.