domenica 31 gennaio 2010

Premio Andersen - Baia delle favole. Concorso per fiabe inedite

Incollo parte del comunicato stampa dedicato al Premio Andersen per fiabe inedite. Il concorso prevede una quota di iscrizione di 16 euro per la sezione adulti. Scadenza 15 marzo.






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Lanciato attraverso il nuovo sito www.andersenpremio.it il Bando 2010. Per la prima volta nella storia del Premio Andersen le fiabe potranno essere inviate on line.
Dal 27 al 30 maggio 2010 a Sestri Levante l’Andersen Festival in occasione della proclamazione della fiaba vincitrice.

“La convinzione che il linguaggio della fiaba sia senza confini e senza tempo, unita al sempre crescente numero di scritti provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo (sono state oltre 1200 le fiabe pervenute nella scorsa edizione, di cui il 5% in lingua straniera), ci ha indotto a scegliere Internet come ulteriore modalità di partecipazione al concorso” – ha commentato Andrea Lavarello, Sindaco di Sestri Levante, a margine della presentazione del Bando 2010, che si è svolta questa mattina presso la sede della Regione Liguria. “E’ per noi un’importante occasione di rinnovamento, che conferma il nostro desiderio di mantenere sempre viva e al passo coi tempi una manifestazione ormai storica come il Premio Andersen”

Oltre alla modalità tradizionale, spedendo le fiabe presso il Comune di Sestri Levante (Piazza Matteotti 3 – 16039 Sestri Levante), sarà quindi possibile partecipare al Premio registrandosi al sito www.andersenpremio.it e compilando l’apposito form.
Il termine ultimo per presentare la propria opera inedita sarà il 15 marzo 2010.

Confermata la suddivisione delle categorie dei premi - Scuola materna (da 3 a 5 anni, in gruppo), Bambini (da 6 a 10 anni), Ragazzi (da 11 a 16 anni) e Adulti (oltre i 16 anni) – il concorso è aperto anche ad autori stranieri, che potranno partecipare con fiabe in lingua inglese, francese, tedesca e spagnola.


Le fiabe provenienti da tutto il mondo saranno esaminate da un’autorevole Giuria e i vincitori, uno per categoria, saranno proclamati nel corso della cerimonia di premiazione che si svolgerà sabato 29 maggio 2010 a Sestri Levante presso il Convento dell’Annunziata.

A tutti i vincitori sarà consegnata, accanto al premio tradizionale, l’artistica “Sirefiaba Andersen”, un piccolo “Oscar”che raffigura la Sirenetta, protagonista della celebre fiaba.


Promosso dal Comune di Sestri Levante, il Premio H.C. Andersen – Baia delle Favole è realizzato con il patrocinio e il sostegno della Regione Liguria e della Provincia di Genova, e con il sostegno della Fondazione Mediaterraneo.

venerdì 29 gennaio 2010

Addio a JD Salinger

E' morto all'età di 91 anni JD Salinger, il celebre autore di The Catcher in the rye tradotto in italiano da Adriana Motti con il titolo Il giovane Holden.
Di Salinger si sa veramente poco. E' stato uno scrittore solitario, per decenni si è sempre rifiutato di apparire in pubblico e ha vissuto in uno stato di quasi completa solitudine a Cornish, un paese del New Hampshire. Il suo ultimo racconto è stato pubblicato nel 1965 sul New Yorker. La leggenda narra di una cassaforte piena di inediti che forse, grazie a suo figlio, adesso potranno vedere la luce.
Il giovane Holden è il libro che più di altri lo ha reso noto al mondo e ancora oggi, nei soli Stati Uniti, vende circa 250.000 copie.



La traduzione italiana, come ho già detto, è stata curata da Adriana Motta. In un'intervista Adriana Motta ha confessato di aver tradotto Il giovane Holden senza prenderlo troppo sul serio e forse è stato questo il motivo dell'efficacia con cui ha riportato in italiano lo slang del protagonista.

Il titolo originale è The catcher in the rye, un gioco di parole difficile da tradurre nella nostra lingua. The catcher si traduce come acchiappatore o ricevitore se si vuole utilizzare un termine mutuato dal baseball. Rye significa segale e il rye whisky è un distillato molto popolare. Quindi, prendendo alla lettera i termini, la traduzione avrebbe dovuto essere Il ricevitore nella segale oppure un Il ricevitore nella grappa, come era stato ipotizzato in una nota alla prima edizione. Tradotto in questo modo però si sarebbero perse molte sfumature:

"Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzi che fanno una partita in quell'immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c'è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull'orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere nel dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l'acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l'unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia."


Ammetto di non aver mai avuto empatia per il Holden Caufield (di Salinger ho sempre preferito Franny and Zooey) e non sono mai riuscito ad affezionarmi al libro. D'altra parte non mi sono mai affezionato a nessun romanzo di formazione, a partire dal giovane Werther fino ad arrivare all'Alex D. di Enrico Brizzi nel suo Jack Frusciante è uscito dal gruppo.

Una curiosità. Sembra che Salinger abbia ispirato il personaggio William Forrester nel film Scoprendo Forrester. Nel film lo scrittore è interpretato da Sean Connery.

mercoledì 27 gennaio 2010

Dalla fiction alla realtà: God hates us all

Su Amazon è da qualche tempo disponibile il libro God hates us all, (Dio ci odia tutti), il bestseller che ha reso Hank Moody il giovane scrittore più talentuoso della scena americana.
Cosa c'è di strano? Di strano c'è che Hank Moody non esiste e quindi, in teoria, non dovrebbe esistere neanche il libro.
Hank, il cui nome omaggia lo pseudonimo utilizzato da Charles Bukovsky nei suoi libri, è il protagonista di una fortunata serie televisiva americana, Californication, interpretato da David Duchovny. Il serial è giunto ormai alla quarta stagione. In Italia sono andate in onda le prime due stagioni sul canale satellitare Jimmy.

Non è la prima volta che accade una cosa del genere. Mi viene in mente il diario di Laura Palmer pubblicato dopo il successo del contorto Twin Peaks di David Lynch. In quel caso le rivelazioni scabrose della giovane Laura fecero del diario un grande successo editoriale.
Nel caso fosse tradotto non penso che Dio ci odia tutti avrà altrettanta fama: in fondo si tratta di un telefilm di nicchia trasmesso da un canale satellitare.

Fonte: Booksblog.

Di cosa parla Californication
Hank Moody è uno scrittore in crisi che, dopo il successo del romanzo God hates us all, si trasferisce a Los Angeles per seguirne la trasposizione cinematografica. Questa, nonostante l'irriverenza del libro, verrà trasformata in una commedia sentimentale dal titolo A crazy little thing called love (1) interpretata da Tom e Katy. Nel telefilm non viene detto chiaramente, ma si lascia intendere che Tom e Katy sono Tom Cruise e Katy Holmes.
Hank sfoga tutte le frustrazioni nel sesso compulsivo e nell'alcool. Nel frattempo tenta di riconquistare la bella moglie con cui è separato (Karen) e costruire un difficile rapporto con la figlia adolescente (Becca).

Parere personale. Se intendete vedere questo telefilm per seguire le vicende letterarie di Hank Moody rimarrete delusi. Le vicende vertono principalmente sulle questioni familiari e gli eccessi del protagonista. C'è poco spazio all'Hank "scrittore" che dopo poche puntate sembra essersi dimenticato il motivo per cui è ricco e famoso.
Hank incarna lo stereotipo dello scrittore alcolizzato e dannato. A differenza di Bukovksy le sue scappatelle vengono consumate nella middle class americana, non nei bar dove il vecchio sporcaccione rimorchiava donne sole e disperate, né tanto meno sulle strade.

(1). E' divertente come un libro che ha per titolo un album del gruppo metal Slayer venga trasformato in un film che ha per titolo un'innocua canzone dei Queen.

domenica 24 gennaio 2010

La questione della lingua

Vi riporto due interessanti articoli dedicati alla lingua italiana. Una lingua che si sta impoverendo e i cui "registri", tanto per usare un termine musicale, sono ormai indistinguibili.
Proprio pochi giorni fa ho riflettuto sull'uso del congiuntivo. Usare il congiuntivo durante un discorso informale è diventato obsoleto. Tanto vale mettere tutto all'indicativo, è più semplice, diretto e non rischi di sembrare ridicolo. Ecco, quando mi capita di usare un congiuntivo mi sento ridicolo.

Così degrada la nostra lingua. L'italiano e i registri violati.

Tutti parliamo allo stesso modo. L'italiano perde efficacia e vivacità

sabato 23 gennaio 2010

Voglio una macchina da scrivere

Non avete letto male: ho intenzione di comprare una macchina da scrivere. Una di quelle vecchie e rumorose, con i tasti larghi. Di quelle che se non stai attento ti rimane il dito incastrato e ci metti mezz'ora a tirarlo fuori.
Voglio una macchina da scrivere che ti costringe a stare con lo sguardo fisso sulla pagina e su quell'ultima frase che non sai mettere a posto perché ti manca la parola giusta, quella che fa la differenza tra lo scrittore dilettante, medio, come tanti, dallo scrittore bravo.
Quella parola che non ti viene in mente e che è lì a solleticarti fastidiosamente la lingua.

Una macchina da scrivere non è un computer. Non ti permette di perdere tempo e concentrazione. Una macchina da scrivere non ti dà la possibilità di scaricare la posta, controllare se qualcuno ha commentato l'ultima foto che hai messo su Facebook, gli ultimi messaggi del tuo forum preferito.
Con una macchina da scrivere non puoi controllare ogni dieci secondi se il film che stai scaricando è quasi finito. Oh, è passato dall'88,2% all'88,3%, meraviglioso.
Sei solo con il tuo manoscritto.

Mentre scrivevo questo post ho:
1- Scaricato la posta. Fortunatamente non mi ha scritto nessuno. Questo però è stato sufficiente a farmi perdere la concentrazione.
2- Controllato il mio profilo facebook. Nessuna notifica da un'ora a questa parte. A volte ho l'impressione di essere stato filtrato da tutti. Dico, un'ora di vita virtuale, circa 200 amici e nessuno mi invia niente?
3- Commentato lo stato di un amico.
4- Ho scaricato di nuovo la posta. Neanche un'email di spam.
5- Ho aperto il mio forum e ho controllato che nessuno spammasse.
6- Letto altri due forum. Nessuna novità rilevante.
7- Cercato su Google l'immagine di una macchina da scrivere da allegare a questo post.
8- Controllato il mulo. 98%
9- Letto le ultime notizie sul Corriere della Sera online. Cose tipo"Con 50 sterline puoi affittare un cane antidroga per le stanze dei vostri figli".
10- Ho controllato un altro forum e risposto in un thread che parla di Avatar. Com'è il film? Bello visivamente, ma con una trama imbarazzante.
11- Controllato di nuovo facebook.
Ecco, finalmente ho terminato di scrivere questo post.

giovedì 21 gennaio 2010

Il primo racconto pubblicato


lunedì 18 gennaio 2010

Micheal Ende in mostra

Non tutti sanno chi è Michael Ende e non tutti sanno, soprattutto, che lo scrittore de La storia infinita è vissuto in Italia per ben quattordici anni, dal 1971 al 1985, precisamente a Genzano, un delizioso paese dell'entroterra laziale in cui esiste un fondo bibliotecario a suo nome.
Michael Ende non ha percorso il Grand Tour come fecero alcuni grandi romanzieri ottocenteschi, Goethe e Stendhal tra i più famosi, ma anche Hans Christian Andersen che in Italia ambientò il poco famoso L'improvvisatore, ha ha deciso invece di vivere stabilmente nei Castelli Romani lontano dalla amata e odiata Germania.

Dai bellissimi paesaggi castellani ha succhiato linfa e tratto ispirazione per due indimenticabili capolavori: La storia infinita appunto, il cui film è stato da lui disconosciuto per via legale, e Momo. Due classici "fantasy", se vogliamo semplificarne la definizione, che più di tanti altri hanno scavalcano i profondi solchi che separano la letteratura mainstream dalla letteratura di genere.
Ende ha vissuto in Italia fino alla morte di sua moglie avvenuta nel 1985 a causa di un enfisema, dopodiché è tornato in Germania e lì, dieci anni dopo, ci ha lasciato a causa di un tumore.

La Casa di Goethe (a Roma), in occasione dell'ottantesimo anniversario della nascita, dedica a Michael Ende una mostra che ripercorre il suo lungo soggiorno in Italia e racconta la vita di questo straordinario scrittore attraverso foto, oggetti di uso quotidiano e i manoscritti provenienti dal Deutsches Literaturarchiv Marbach (Momo e La storia infinita).
La mostra è stata prolungata fino al 7 febbraio e l'ingresso costa 4 euro.

Casa di Goethe
Via del Corso, 18 (Piazza del Popolo) - Roma
Orari: tutti i giorni 10-18
Ingresso fino alle 17.30, chiuso il lunedi'
Ingresso: intero euro 4, ridotto euro 3

http://www.casadigoethe.it/

venerdì 15 gennaio 2010

Fanucci fa print on demand

Il print on demand non è soltanto un servizio per vanitosi.
La Fanucci , infatti, tramite un servizio POD mette a disposizione  i titoli fuori catalogo.
Questo è il comunicato stampa del 22 dicembre 2009:

Nasce il servizio di Print on Demand per Fanucci Editore, che verrà testato in questi ultimi giorni del 2009.
Tale servizio consentirà di rendere nuovamente disponibili quei titoli esauriti da tempo per i quali non è stato possibile effettuare una ristampa.
Stiamo testando questo servizio, quindi l’unico romanzo ordinabile al momento è
- La saga di Elric di Melniboné Vol. 1 di Michael Moorcock.
Il volume che richiederete con il Print on Demand sarà del tutto simile alla versione originale, mentre per l’evasione, dato che il libro viene stampato appositamente per chi lo acquista e solo in seguito alla ricezione dell’ordine, i tempi previsti sono di 20-25 giorni. Non ci sono costi aggiuntivi rispetto al prezzo di copertina.
È anche possibile personalizzare il libro con soli 5 euro in più! Basta scegliere l’opzione apposita in fase di acquisto, e sul frontespizio del libro verrà stampata la dicitura "Questo libro è stato stampato per…" seguita dal nome che verrà scritto nell’apposito spazio.
Per qualsiasi informazione aggiuntiva sul Print On Demand è possibile scrivere un email all’indirizzo customer.service@fanucci.it

mercoledì 13 gennaio 2010

Libri scoperti per caso: e così vorresti fare lo scrittore?

Non sono un lettore accanito di Charles Bukowsky, ma se vado in biblioteca e vedo un suo libro dal titolo "E così vorresti fare lo scrittore?", be', che posso fare se non prenderlo?
Il libro è edito da Guanda. E' una raccolta di poesie.
Sono molto belle, dirette, scarnificate nel linguaggio e sincopato nello stile, così come era sincopato quello di Jack Kerouac de La città e la metropoli (io ho la versione economica della Newton & Compton. Talmente economica che dopo 15 anni non ho il coraggio di aprirla di nuovo.
Charles Bukowsky è un uomo che ha vissuto ai margini di una società che stava allungando le mani sul corpo nudo del consumismo. Non si è lasciato ammaliare, non si è lasciato condurre verso di esso. Ha vissuto lasciandoci delle opere che sanno di vita vera e libertà. Quella vita e quella libertà a cui tutti dovremmo aspirare.

E così vorresti fare lo scrittore?

E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.

se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.

se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.

Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.

se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.

non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento

le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te.

non c'è altro modo
e non c'è mai stato.


Da qui ho preso il testo della poesia

E così vorresti fare lo scrittore?
Di Charles Bukowsky
Editore: Guanda (collana Poeti della fenice)
Costo: 14,50 euro

lunedì 11 gennaio 2010

Sullo stile

Sono convinto che uno scrittore che vuole vendere, dal punto di vista editoriale, deve essere riconoscibile. Deve adottare un certo stile e deve perpetuarlo con ostinazione fin quando il lettore non abbia imparato a riconoscerlo immediatamente, dalle prime righe addirittura. Il lettore medio, a mio avviso, non può nutrire dubbi: deve essere rassicurato su ciò che sta leggendo e riconoscere le strutture sintattiche e il linguaggio del suo scrittore preferito perché non vuole altre variabili nella propria vita. C'è già lo stipendio insufficiente, un matrimonio che sta deragliando silenziosamente. Ci sono le perplessità politiche che sfociano in un qualunquistico "rossi e neri sono tutti uguali". Il lettore medio ha bisogno di costanti per risolvere l'equazione della propria vita.

Quindi non vedo molte prospettive per l'esperimento letterario.
Il lettore medio sarebbe sorpreso e confuso. La confusione crea incertezza, e l'incertezza non è ben vista neanche da chi deve vendere dei prodotti, anche se in questo caso si tratta di libri e quindi, a volte, di cultura.

Questa sorta di omologazione non è molto differente dalle altre. Possiamo valutare quanto sia omologata una persona osservando il suo modo di vestire, di pettinarsi o parlare. Difficilmente però siamo in grado di riconoscere quanto sia omologato uno scrittore, soprattutto se facciamo parte di quello strano insieme di persone definito "lettore medio", ovvero un lettore da rastrelliera COOP o da best seller annunciato.

Detto questo cito una risposta di Italo Calvino in una vecchia intervista televisiva:

(intervistatore a Calvino) .. dice: ogni romanzo uno stile nuovo. Per lei è una dichiarazione di poetica? Che cos'è questo cambiare stile, un piacere letterario o un rispecchiare il vento della letteratura?

Italo Calvino: E' il desiderio di non lasciarsi definire, di non restare prigioniero della convenzione letteraria che si sceglie, della chiave di scrittura che volta per volta lo scrittore assume.

Così sia.

giovedì 7 gennaio 2010

Qua la zampa, Peppe!

Michele Botta è un ragazzo di 26 anni, napoletano, di belle speranze. Dopo la laurea si trasferisce a Roma dove inizia a lavorare in piccole e sfigatissime produzioni televisive. Si tratta perlopiù di lavori malpagati se non addirittura svolti senza un vero stipendio. Dopo vari tentativi (ad esempio un programma dal titolo Qua la zampa! dedicato ai cani) riesce finalmente a ottenere un buon contratto da una società di produzione che vuole realizzare una fiction su Lasse Braun, un erotomane regista di film porno di cui però si sa poco.
Da questo incipit si potrebbe dedurre che Michele Botta sia un giovane di successo, un rampante futuro dirigente, un post-yuppie cresciuto nell'allucinata atmosfera ultrapop degli anni 80 dove i personaggi di Micheal J. Fox e Tom Cruise erano il modello che la TV reaganiana, sempre più presente nelle neonate reti commerciali nostrane, ci forniva e che i bambini di allora introiettavano vedendo sitcom e film. Giovani scaltri e bellocci che riuscivano in ogni cosa.
Michele botta invece, che fa del Dr. House il Virgilio del suo personale inferno, attanagliato dalla volontà di superare quella linea d'ombra che lo avviluppa nel limbo della precarietà esistenziale, si ritrova ad affrontare un percorso di crescita che lo porta inevitabilmente a scontrarsi con la realtà in una Roma tappezzata dal faccione di Veltroni e in cui l'inorganicità delle costruzioni e dell'architettura capitolina infondono una latente sensazione di prigionia.
La rottura con la sua ragazza di sempre e un rapporto con i genitori basato su continue e sottili elargizioni di sensi di colpa, complicano la situazione procurando al protagonista riflussi gastroesofagei (conati di vomito) e una perenne sensazione di straniamento (una foresta di sintomi, dice) da cui non riesce più a uscire e in cui  il suo caro amico e mentore Ennio, già da tempo fuggito in Giappone e con cui dialoga via Skype, sembra l'unico essere umano con cui riesce a confrontarsi.

Tra rigurgiti gastritici e neofascisti, il romanzo procede con ritmo e sin dalle prime pagine si intuiscono le incredibili e inusuali, soprattutto per un esordiente (1), capacità linguistiche che fanno di Peppe Fiore un romanziere originale, talentuoso e in grado di affrontare e decostruire il bildungsroman facendolo diventare un romanzo di sformazione, come è stato definito non a torto da qualcuno.
Il libro è divertente, ironico, e riesce a descrivere "la vita agra" di Michele Botta allontanandosi dagli stereotipi che vogliono la nuova generazione ingolfata nella sindrome di Peter Pan. Una generazione quindi che stenta a decollare perché, si dice con una certa ingrata giustificazione, non vuole farlo.
Propongo quindi la definizione di sindrome di Michele Botta: la sindrome di un ragazzo che vuole crescere e che (forse) non ci riesce.
E soprattutto propongo a tutti di leggere questo romanzo,divertente, poderoso, scritto divinamente e senza sbavature. Il miglior romanzo pubblicato nel 2009 e a detta di Booksblog, uno dei venti migliori romanzi degli anni zero.
Al di là delle mode editoriali che fagocitano l'attenzione dei media, sono certo che Peppe Fiore avrà successo, se non subito almeno nel medio periodo, e che il talento di questo scrittore, cresciuto leggendo Moravia ( e qui dovremmo aprire una parentesi sul rapporto tra le letture svolte in età adolescenziale e formazione stilistica), si farà sentire anche nei prossimi anni.
"Uno che cresce a pane e Proust si ritrova a spiegare a Little Tony come funziona una macchinetta del caffè. C’è stato un impazzimento della maionese storica da qualche parte. C’è stato un attacco di panico."

La Futura classe dirigente (ed. Minimum Fax) su IBS

Scheda e rassegna stampa sul sito della Minimum Fax.


(1). Peppe Fiore ha pubblicato precedentemente due raccolte di racconti. Cagnanza e Padronanza per la Gaffi Editore e L'attesa di un figlio nella vita di un giovane padre, oggi per la Coniglio Editore.

martedì 5 gennaio 2010

Svarioni vol.1

Un errore tratto da Woobinda, il libro d'esordio dello scrittore Aldo Nove. Il libro, inizialmente edito da Castelvecchi, è stato ristampato e ampliato dall'Eiunaudi e ripubblicato con il titolo Superwoobinda

"Mi chiamo Giuseppe, ho trentuno anni. Ariete. Sono di sinistra come Woobinda. Woobinda faceva solidarietà. Il disco urlava "Woobinda aiutami, Woobinda aiutami!". Era un disco degli stessi che cantano Furia. Anche Furia non lo fanno più."


Ovviamente non è vero che Woobinda è cantata dagli Oliver Onions,al secolo fratelli De Angelis, gli autori della sigla di Sandokan, Orzowei e moltissime colonne sonore dei film di Bud Spencer e Terence Hill (Dune buggy, Buldozer...).
La canzone "Woobinda" è di Riccardo Zara e cantata da lui e le Mele Verdi.
Furia è cantata da Mal anche se scritta dagli Oliver Onions.
Riccardo Zara, per chi non lo sapesse, è il cantante de I cavalieri del re, il gruppo che ha eseguito moltissime sigle dei cartoni animati: da L'uomo tigre a Lady Oscar, da Yattaman a Devilman.
Le Mele Verdi di Mitzi Amoroso invece hanno cantato tra le altre cose Barbapapà con Roberto Vecchioni, Mademoiselle Anne, la banda dei ranocchi, Belfy e Lillibit.

PS: devo dire che nel racconto non si capisce se l'errore è voluto o meno.

domenica 3 gennaio 2010

Invidio Stephen King!

Cosa credete che invidi a Stephen King? Le milioni di copie vendute dei suoi libri, le tante trasposizioni cinematografiche, alcune entrate nella storia del cinema come Shining?
La fama dello scrittore popolare moderno. La prolificità. La voglia di scrivere. Quel suo modo di sentirsi "arrivato" dopo aver vissuto in una roulotte con la moglie (anch'ella scrittrice).
Niente di tutto questo.

Di Stephen King invidio una cosa soltanto: le lettere di rifiuto. Quelle lettere ben descritte nel romanzo "On Writing" e osannate perché erano la linfa che il giovane Stephen succhiava per andare avanti a scrivere.
I rifiuti. Le negazioni. Il sentirsi dire "Il suo racconto non è stato accettato, grazie lo stesso".
Stephen, ormai sessantenne e miliardario, fa di quei rifiuti un'apologia che lo scrittore inedito italiano non potrà mai capire perché lo scrittore inedito italiano non ha il privilegio di sentirsi rifiutato.
Eppure, almeno per quanto mi riguarda, il rifiuto è una parte importante nel processo di crescita della persona. Sentirsi rifiutati significa innanzitutto sentirsi presenti in qualcosa, significa rimettersi in gioco per migliorarsi e oltrepassare i propri limiti.
Nessuno degli scrittori italiani inediti collezionerà mai lettere di rifiuto perché quelle sono un privilegio per pochi. La pubblicazione, oh no, quella non è da prendere in considerazione, è soltanto la banderuola e lo scrittore è l'ignavo che la brama. Le lettere di rifiuto sì che valgono qualcosa. Sono la prova di una letteratura sommersa.

venerdì 1 gennaio 2010

Buoni propositi per l'anno nuovo.

Buon anno a tutti, chiunque voi siate. Debuttanti delle lettere, scrittori in incognito, giornalisti, collezionisti di blogger sfigati, amici, detrattori, de trattori ( il mio futuro è l'agricoltura), visitatori casuali, la DIGOS, il Vaticano, il ministero degli interni e tutti quelli che dietro degli IP anonimi (a volte no, dato che nei casi su citati si può sapere a quale rete appartengono), vengono più  o meno regolarmente a visitare questo blog.
Gli ingressi, nonostante mi ostini a parlare di quella cosa obsoleta e deforestante che sono i libri, sono aumentati e questo mi dà un po' di soddisfazione.
Non pensavo che tenere un blog fosse così impegnativo. Ammetto che scriverlo ha sottratto molto tempo alla scrittura creativa, quindi non aspettatevi nessun ebook a breve. Non ne ho.
Quindi il mio buon proposito per il 2010 è questo: scrivere di più. I progetti non mi mancano, ma all'idea di ricominciare daccapo un romanzo mi viene la pelle a buccia d'arancia. Ve la ricordate Adelaide? Ve ne ho parlato in un post eoni fa. Arenata. Povera ragazzina. Vabbè che deve morire al primo capitolo, però non farla nascere per niente... che tristezza! Così come è triste la combriccola pop-fantasy che deve andare alla ricerca del feroce Saladino. E quell'altro tizio che si innamora di un cartellone pubblicitario e vede i manichini metafisici di De Chirico svolazzare in casa.
Non so davvero da cosa cominciare. Devo prendere uno di questi tre progetti e mettermelo in testa come un cappello fin quando non dico "fine" alla storia.
Cocciuti bisogna essere. Pervicacia autoindotta.
L'unico a gioire un po', almeno per adesso, è Massimiliano. La sua fenice volerà fra qualche giorno sul tavolo di una casa editrice e speriamo bene che l'anno nuovo ci porti tutti a Eliopoli a bordo di un tappeto volante. Vedremo.
Poi ci sono i racconti nerd di cui vi parlerò in un post. Chi vuole leggerli? Qualcuno che vuole i miei racconti al posto del solito cilicio?
Anche quelli erano promessi a una casa editrice, stavolta piccola e discreta, ma non li ho mai finiti. Ne ho soltanto due e con 30.000 battute di questi tempi non ci si fa niente.

Un po' meno buon anno a quelli che si approfittano degli esordienti e dicono che tentare di pubblicare gratuitamente è inutile perché bisogna essere raccomandati, che tanto poi anche i grandi nomi in qualche modo pagano e che è tutto un magna magna. Ecco, a quei tipi forse gli auguri non glieli faccio proprio perché sono convinto che una possibilità la si dà a tutti, che il talento è purtroppo per pochi e che, ammetto, ci vuole anche fortuna. E quella non si paga, si aiuta.

Buon anno quindi. Buon anno a tutti quelli che stanno male se non leggono, se non scrivono, soprattutto quelli che si sentono male se non vanno in bagno.
Mi sento simpatico oggi. Sarà l'anno nuovo, sarà che questo post chissà da quanto tempo l'ho scritto e messo in "pubblicazione" per il primo gennaio 2010. Nel frattempo potrei essere stato rapito dagli alieni, potrei aver pubblicato un best seller, potrei aver deciso di chiudere il blog.